Presso l’Università Statale di Milano, in un contesto di bellezza neoclassica, la Sala Napoleonica di Palazzo Greppi del Piermarini, ieri pomeriggio un centinaio di giovani giornalisti hanno partecipato a un dibattito tra il Cardinal Angelo Scola e il Rettore della Statale prof. Elio Franzini sul tema Opinione, libertà e verità nell’era dell’informazione globale.

L’incontro era organizzato dalla Scuola di Giornalismo (presente il Direttore, prof. Nicola Pasini) della stessa Università Statale, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti e con l’Associazione Walter Tobagi (presente il dott. Fabio Cavalera).

Con l’introduzione e le domande poste da Luigi Geninazzi, il giornalista moderatore dell’incontro, riportiamo qui gli appunti di alcune delle risposte del Cardinale, auspicando che gli organizzatori ci facciano pervenire presto anche qualche appunto dei preziosi interventi del Rettore.

Luigi Geninazzi: Nel 2006, ma sembra un secolo fa, la rivista americana “Time” sceglieva come persona dell’anno uno specchio con la scritta You. “Yes, you. You control the information. Welcome in a new world”. Nasceva un nuovo mondo dove la fiducia nella tecnologia e negli algoritmi era totale, una nuova era in cui sembrava essersi realizzata l’utopia della connessione globale e istantanea. La Rete si presentava come una piattaforma senza censure e senza mediazioni, il regno universale della libertà di opinione e della mutua comprensione. Nel frattempo i social media hanno inglobato tutto: informazione, lotta politica, storie personali, intrattenimento. Poi abbiamo iniziato a renderci conto che il Web rischiava di essere uno strumento di disinformazione e di manipolazione, abbiamo scoperto che i social media stavano diventando un mezzo per controllare opinioni, gusti e tendenze e indurre comportamenti anti-socievoli. Questa presa di coscienza è diventata sempre più forte: ormai non si contano più i libri usciti in questi ultimi due, tre anni che vedono in Internet una “scorciatoia per non pensare”, “una tribuna dell’odio”, “un sistema di controllo pervasivo e capillare”. Nascono comitati etici per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, gli stessi colossi del Web come Google e Facebook ammettono che il sistema è sfuggito di mano e molti di coloro che dieci anni fa esaltavano la rivoluzione imposta dalla Rete adesso lanciano l’allarme davanti al pericolo di un imbarbarimento su scala mondiale.

Ecco, partiamo da qui: si sta cercando di riparare i danni. Parole come verità, libertà e opinione, per riprendere il titolo che abbiamo dato a questo dibattito, stanno tornando in discussione. Voglio chiedere ai nostri relatori: è possibile rimettere ordine fra questi termini? In che modo?

Angelo Scola: Per compiere questa necessaria operazione manca una parola, la parola realtà. La verità infatti non è anzitutto una somma di proposizioni dottrinarie, ma è l’avvenimento dell’incontro della realtà con la libertà. Il nesso verità-libertà è inevitabile, ma passa inesorabilmente attraverso il reale accolto nella totalità dei suoi fattori. In un contesto come il vostro si può anche dire: attraverso il fatto.

L’opinione fa già parte della “post-verità” (sarebbe meglio dire “oltre la verità”). Può contribuire a comprendere un fatto (verità) se rispetta la struttura prima identificata, ma può anche sostituirsi ad esso trasformandosi in una fake news.

L.G.: Oggi si parla molto di post-verità, di fake news e del prevalere dell’emozione sui fatti oggettivi. Ma l’indebolimento del senso della verità è un problema recente o ha radici nel pensiero moderno, pensiamo al relativismo filosofico (Nietzsche diceva che “non ci sono fatti ma solo interpretazioni”) ?

A.S.: Certamente post verità e fake news hanno un peso da sempre nella storia della comunicazione tra gli uomini. Già S. Francesco di Sales nel XVI secolo ce ne aveva in qualche modo messo in guardia. «Quando parlo del prossimo, la mia bocca nel servirsi della lingua è da paragonarsi al chirurgo che maneggia il bisturi in un intervento delicato tra nervi e tendini: il colpo che vibro deve essere esattissimo nel non esprimere né di più né di meno della verità» (S. Francesco di Sales, Filotea).

La nascita della rete, con tutti i suoi derivati e connessi, ha trasformato post verità e fake news in un problema globale dando potere alle lobbies che controllano questi strumenti in una sovranità superiore alle stesse sovranità nazionali. Quello che già da tempo avveniva per le lobbies finanziarie, la rete lo ha esteso a tutti gli ambiti della realtà.

L.G.: Il giornalismo è in crisi, soprattutto in Italia. Vorrei chiedere al Cardinale Scola, che come personalità rilevante della Chiesa e arcivescovo di Milano ha avuto a che fare tutti i giorni con i mass-media: com’è stato il suo rapporto coi giornalisti? E che consiglio darebbe ai giovani che scelgono questa professione?

E al Rettore Franzini: si dice che oggi i giovani scrivano molto, però scrivono soprattutto sui social, in forma ridotta. Scrivere una lettera, o scrivere un articolo, significa aprirsi all’altro. A suo avviso che importanza ha la scrittura nella comunicazione?

A.S.: Dal punto di vista umano è stato sempre molto buono. Più problematica è stata la recezione di ciò che io intendevo dire, questo forse anche per mia imperizia, fino a dare spazio a delle vere e proprie fake news. In proposito in uno degli incontri coi giornalisti in occasione della loro festa ho sviluppato il concetto di “verosimile” come nemico del vero. Ai giovani ripeto l’invito espresso nella prima risposta: affrontare il loro lavoro secondo l’ordine dei fattori: realtà, verità, libertà, opinione.

L.G.: Con l’orizzontalità imperante della comunicazione siamo passati dal diritto di tutti ad esprimere la propria opinione alla sensazione che ormai tutte le opinioni, anche le più assurde, hanno lo stesso valore. C’è un limite alla libertà d’opinione?

A.S.: Il vero problema sta nel peso del soggetto che si giochi lui stesso secondo verità in ascolto umile, “francescano” (per usare una indovinata espressione di Verdelli) dei fatti. Ancora una volta viene in primo piano la questione della retta libertà del soggetto, senza la quale la verità del fatto non è comunicabile

L.G.: Papa Francesco ha detto che “presi dalla virtualità, stiamo perdendo il sapore e il gusto della realtà”. E rivolgendosi ai colleghi della stampa estera a Roma, poche settimane fa, ha consigliato ai giornalisti di riscoprire la virtù dell’umiltà. Conoscendo la nostra categoria direi che è una provocazione bella e buona. Può diventare un’indicazione per recuperare dignità e credibilità?

A.S.: Di fatto ho già risposto; voglio però rimarcare che il sapore e il gusto della realtà è decisivo per una buona vita sociale e per una intensa amicizia civica. Nell’esercizio del mio compito episcopale, che mi fa incontrare molte persone e comunità, sono impressionato dalla forte crescita di una certa passività melanconica. Gli operatori della comunicazione devono diventare capaci di rendere “scoop” anche il bello ed il buono della verità della vita personale e comunitaria a partire dai fatti. Anche quando il fatto è doloroso o addirittura tragico”.


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