Il conflitto politico–militare araboisraeliano ultracentenario affligge oggi il Medioriente: la lista di centinaia di migliaia di morti, feriti, profughi è estesa allo Stato d'Israele e ai nemici (Stato di Palestina e Paesi limitrofi della Lega Araba).

L'emergenza umanitaria coeva nasce dalla guerra dichiarata (8 ottobre 2023) dallo Stato d'Israele all'organizzazione politica palestinese Hamas: la spirale di violenza è tracimata alla Repubblica di Yemen distesa sulla Penisola araba.
La sfida alla pace è ciclica sul territorio geografico mediorientale. Il secolo XIX volgeva al declino e il movimento sionista incalzava l'emigrazione di ebrei dall'Europa alla Palestina: l'esodo, da 80mila (1918) a 400mila unità (1936), è stata l'origine di città nuove (Petah Tikva, Tel Aviv), rinascita per la lingua ebraica, dissenso espresso dal popolo arabo dirimpetto alla comunità socioculturale parallela. Lo Stato d'Israele eretto sulla dichiarazione unilaterale (14 maggio 1948), alias il casus belli per la prima guerra araboisraeliana (15 maggio 1948 – 20 luglio 1949), avvicendava la guerra civile (30 novembre 1947 – 14 maggio 1948) e il mandato britannico sulla Palestina definito altresì dalla dichiarazione Balfour (2 novembre 1917) per costruire ivi la "dimora nazionale per il popolo ebraico".
"La Palestina – ecco la voce di Napoleone I di Francia intervenuto alla campagna d'Egitto – è l'unica nazione per gli ebrei espulsi dalla terra dei padri per millenni dall'ansia di conquista e dalla tirannia".
L'analisi è stata ripresa dall'economista Jacques Attali (consigliere speciale dal 1981 al 1991 di François Mitterand al Palazzo Eliseo) per abbinare la formula ''sionista ante litteram'' al condottiero còrso.
"Il proto–sionismo di Napoleone – è stata l'asserzione di Riccardo Calimani, studioso illustrissimo di ebraismo europeo – soggiace al desiderio di estendere l'influenza francese sull'area mediorientale". L'ambiguità scopre le tesi dissimili sulla strategia di Napoleone per migliorare l'esistenza agli ebrei d'Europa: la tattica è stata parallela all'accelerazione repentina per rompere l'equilibrio costituito, così, è doveroso scindere la simpatia autentica dalla strumentalizzazione.
L'età rivoluzionaria e imperiale francese (1789–1815) è il crinale politico per gli ebrei d'Europa: il riscatto indotto dall'acquisizione di cittadinanza e uguaglianza (1790–1791) è l'eredità istituzionale notevole però Napoleone cavalcava sull'enfasi di "Liberté, Égalité, Fraternité" contro gli avversari austro–ungarico, britannico e russo.
''Il ghetto ebraico di Venezia (1516–1797) – aggiunge Calimani – è stato aperto per esaudire la volontà di Napoleone galvanizzato dalla Serenissima Repubblica di Venezia espugnata dalla Francia e, così, sottratta alla storia ultra–millenaria (697 – 12–15 maggio 1797)''.
Il Grand Sanhédrin (1806–1807) alias il convegno di grandi rabbini promosso dall'imperatore dei Francesi è stato il crogiolo di legalità per l'ebraismo benedetto dalla struttura istituita per garantire la fede e diminuire l'autogoverno di comunità per irreggimentare gli ebrei.
La legge francese per slegare lo Stato dalle Chiese (1905) sminuiva la marea di strutture ebraiche pubbliche di genesi napoleonica però l'eredità di Bonaparte resiste oggidì sulla cultura storica collettiva.
Ogni sabato la preghiera di prosperità per la Francia è diffusa dalle sinagoghe francesi: l’affettività plurisecolare per l’Hexagone è stata nutrita dagli ebrei ivi approdati dalla penisola iberica, dal Maghreb, dall’Italia, dalla Mitteleuropa. La maggioranza di comunità di ebrei insediate sulle sponde mediterranee conosceva la lingua francese. ''La preghiera – è l'asserzione di Francis Kalifat (Presidente eletto al Crif – Conseil Représentatif des Institutions juives de France) – risale al Consistoire incoraggiato dall'imperatore dei Francesi per riordinare il culto israelita. La chance di emancipazione posata dal condottiero còrso sulla Révolution attrae gli ebrei di Francia''.
L'aneddoto trasmesso dalla vox populi esalta l'appeal napoleonico. "Oggi è Tisha B'Av: c'è il lutto per il Tempio perduto dagli ebrei": la risposta è stata fornita dall'aiutante a Napoleone a passeggio sulle strade di Parigi e stupito dal piagnucolio fuoriuscito dalla sinagoga. "Il dolore per gli ebrei resiste ai secoli e, così, il Tempio risorgerà" è stata, allora, la profezia congetturata dall'imperatore dei Francesi. Il pronostico di Bonaparte è stato garantito dalla storia più recente.


Gianluca Guglielmero